Most theories and models of memory are based on two assumptions that contain theoretical problems. These problems are reflected in the memory-trace paradox, which consists in believing that the past is contained in the memory trace, and in the fallacy of the homunculus, which consists in assuming the existence of an unconscious intentional subject. We will discuss these and present an alternative hypothesis concerning the relationship between memory, consciousness and temporality. This holds that consciousness is not a unitary dimension, but (...) is the set of distinct and original modes to address the object. Among the modes of consciousness, a distinction is made between Knowing Consciousness (KC) and Temporal Consciousness (TC). KC describes the mode of addressing the object in order to know it. TC describes the mode of consciousness that temporalizes its object according the subordinate structures of temporality, the past, the present and the future. Finally it is shown how the hypothesis accounts for a variety of memory disorders and phenomena while avoiding the memory- trace paradox and the fallacy of the homunculus. (shrink)

Is mental imagery pictorial? In Pylyshyn's view no empirical data provides convincing support to the “pictorial” hypothesis of mental imagery. Phenomenology, Pylyshyn says, is deeply deceiving and offers no explanation of why and how mental imagery occurs. We suggest that Pylyshyn mistakes phenomenology for what it never pretended to be. Phenomenological evidence, if properly considered, shows that mental imagery may indeed be pictorial, though not in the way that mimics visual perception. Moreover, Pylyshyn claims that the “pictorial hypothesis” is flawed (...) because the interpretation of “picture-like” objects in mental imagery takes a homunculus. However, the same point can be objected to Pylyshyn's own conclusion: if imagistic reasoning involves the same mechanisms and the same forms of representation as those that are involved in general reasoning, if they operate on symbol-based representations of the kind recommended by Pylyshyn (1984) and Fodor (1975), don't we need a phenomenological homunculus to tell an imagined bear from the real one? (shrink)

In agreement with some of the ideas expressed by Perruchet & Vinter (P&V), we believe that some phenomena hitherto attributed to processing may in fact reflect a fundamental distinction between direct and reflexive forms of consciousness. This dichotomy, developed by the phenomenological tradition, is substantiated by examples coming from experimental psychology and lesion neuropsychology.

È nel χρόνος, o epoche storiche, che il tempo si differenzia dalla contingenza che permette di individuare l’atto immediato e presente in una determinata circostanza, e d’altronde entrambi, cioè χρόνος e καιρός, sono descrivibili quali molteplici e plurali all’interno della possibilità eterna della tradizione e della trasformazione, nonché rinascita, di un concetto in semantiche sempre ulteriormente differenziabili. Il processo seguito per il raggiungimento e la specificazione del concetto tempo, quale caratterizzante il concetto stesso di universale, è stato quello dell’induzione, (...) che ha consentito di riflettere su Dio, cioè Cristo consegnatoci dalla storia e dal tempo. (shrink)

RIASSUNTO: Il presente studio sui presupposti imprescindibili di ogni etica personalistica si propone di confutare e di superare una volta per sempre il relativismo, l’utilitarismo e il fondamentale scetticismo delle etiche contemporanee, fondate sull’assolutizzazione dei fatti, del costume, delle tendenze culturali storicamente e socialmente prevalenti nella nostra epoca presente. Tale atteggiamento è tollerante e pluralista soltanto in apparenza, perché nella realtà è ipocritamente intollerante verso ogni altra etica che non sia quella dell’edonismo ordinario, del consumismo e dell’acquiescenza alle richieste della (...) tecnica ed agli imperativi della ricerca scientifica rivolta unicamente a fini di utilità e di conquista di comodità e di agevolazioni per il genere umano. L’etica che intendiamo proporre è incentrata sull’idea di “persona”; secondo il nostro modo di vedere la persona è apertura assoluta verso il tutto dell’essere ed è eminentemente attualità spirituale. Non lo è perciò unicamente un’attività razionale universale, ma coinvolge fondamentalmente anche l’emotività, la volontà e il desiderio. Secondo noi l’esigenza fondamentale della persona spirituale è la ricerca della felicità, e tale ricerca si impone con la cogenza di un vero e proprio “imperativo etico”, e la sua funzione è quella di liberarci dalle costrizioni del costume, della falsa e artificiale morale corrente ordinaria che si assoggetta soltanto ai fatti e alla ricerca dell’utile e del conveniente. Liberazione e imperatività sono gli elementi essenziali per la ricerca della felicità, e questa a sua volta consiste nella promozione di un crescente accordo e di una sicura armonia di ogni persona con se stessa. L’imperatività dell’obbligazione con la quale ci leghiamo fedelmente all’impegno squisitamente spirituale di affermare la nostra libertà dalla servitù dei fatti e dall’attaccamento a ciò che è soltanto provvisorio e povero di autentica soddisfazione interiore conferma e promuove la liberazione spirituale in ogni persona. PAROLE CHIAVI: Persona. Etica personalista. Utilitarismo. Imperativo etico. RESUMO: O presente estudo pretende refutar e superar definitivamente o relativismo, o utilitarismo e o ceticismo fundamental das éticas contemporâneas, fudamentadas na absolutização dos fatos, do costume, das tendências culturais historicamente e socialmente dominantes na época presente. Tal atitude é tolerante e pluralista somente na aparência, porque na realidade é hipocritamente intolerante a qualquer outra ética que não seja a do hedonismo ordinário, do consumismo e da aquiescência às demandas da técnica e aos imperativos da pesquisa científica dirigida unicamente aos fins da utilidade e da conquista do bem-estar e de facilitações para o gênero humano. A ética que pretendemos propor está centrada na ideia de pessoa. Na nossa opinião, a pessoa é abertura absoluta para o todo do ser e é eminentemente atualidade espiritual. Não é, portanto, unicamente uma atividade racional universal, mas envolve fundamentalmente também a emotividade, a vontade e o desejo. A exigência fundamental da pessoa espiritual é a busca da felicidade. E tal busca se impõe com a força de um verdadeiro e próprio “imperativo ético”. E a sua função é a de nos libertar das constrições do hábito, da falsa e artificial moral ordinária que se submete somente aos fatos e à busca do útil e do conveniente. Libertação e imperatividade são os elementos essenciais para a busca da felicidade e esta, por sua vez, consiste na promoção de um crescente acordo e de uma harmonia sólida de cada pessoa consigo mesma. A imperatividade da obrigação com a qual nos ligamos fielmente ao compromisso espiritual de afirmar a nossa libertade da escravidão dos fatos e do apego àquilo que é somente provisório e pobre de autêntica satisfação interior confirma e promove a libertação espiritual de cada pessoa. PALAVRAS-CHAVE: Pessoa. Ética personalista. Utilitarismo. Imperativo ético. (shrink)

Se l'attenzione maggiore degli studiosi si è da sempre concentrata sulle Dionisiache, non di meno negli ultimi vent'anni si assiste a un rinnovato interesse per l'altro poema esametrico attribuito a Nonno, la Parafrasi del Vangelo di Giovanni; ciò soprattutto per merito di Enrico Livrea e della sua scuola fiorentina, di cui anche l'autore di questo volume fa parte. Esso rappresenta una tappa ulteriore – dopo l'edizione del Canto I (De Stefani), del Canto II (Livrea), del Canto XVIII (Livrea) e del (...) Canto XX (Accorinti) – in quello che si annuncia come un progetto di edizione critica commentata di tutti canti del poema sacro nonniano: progetto certamente ambizioso ma indispensabile per fare luce piena su un momento fondamentale dell'epica tardoantica. Diversamente dalla poesia centonaria, Nonno, pur seguendo dappresso la Vorlage evangelica, volle fare opera in qualche misura originale e ci riuscì, pur con uno stile che non si potrebbe immaginare più contrastante rispetto alla austera sobrietà del dettato giovanneo. Il volume di Agosti, sostenuto da una ricchissima e pressocché completa bibliografia, si apre con una Introduzione assai ampia e decisamente pregevole per la capacità dimostrata dallo studioso di inquadrare il poema nonniano nell'ambito vasto dell'epica tardoantica non solo greca ma anche latina: da questo punto di vista illuminanti appaiono i raffronti con Giovenco, Aratore, Claudiano, Prudenzio, Commodiano, oltre che, naturalmente, con Gregorio Nazianzeno, Eudocia e gli Homerocentones. Convinto che il Nonno parafraste sia il medesimo autore delle Dionisiache, Agosti ritiene decisamente superata la tesi contraria, e intelligentemente si limita a rilevare la straordinaria affinità fra i due poemi non solo a livello stilistico, linguistico e metrico, ma anche – aspetto forse ancora più sorprendente – sotto il profilo concettuale: «Vi sono elementi di chiaro influsso cristiano nelle D. e d'altra parte la figura di Cristo tende ad assumere alcuni tratti bacchici nella P.» (p. 46). Una tesi, questa, che viene corroborata con numerosi raffronti puntuali nelle dense note di commento. Essendo gran parte del Canto Quinto, corrispondente al quinto capitolo del vangelo giovanneo, dedicato al miracolo del paralitico guarito nella piscina di Bethesda, viene affrontato il problema dello spazio dedicato ai miracoli di guarigione nel mondo pagano e cristiano del V secolo, in particolare nell'ambiente egizio dove Nonno visse e operò (ma molto cauto si mostra, a mio avviso saggiamente, l'Autore nei confronti di identificazioni troppo incerte, come quella che vorrebbe Nonno vescovo di Edessa). Il lettore deduce dalle sue considerazioni come nulla di sorprendente o di aberrante l'uomo tardoantico potesse scorgere nel racconto di Giovanni, che anzi non discorda da analoghe imprese attribuite ad Asclepio, il dio guaritore ϰατεξοχήν, ma anche a taumaturghi come Apollonio di Tiana: si trattava, se mai, di una sorta di concorrenza fra Cristo e i suoi omologhi e rivali pagani. Allo stesso modo, Agosti pensa che il pubblico della Parafrasi e quello delle Dionisiache fosse in sostanza il medesimo, forse con una percentuale cristiana maggiore nel primo caso e minore nel secondo. Ovviamente si rimane nel campo delle ipotesi, ma certo il sincretismo del tempo poteva forse spingersi tanto avanti da giustificare simile osmosi, anche se appare lecito dubitare che cristiani convinti giungessero a tollerare l'incredibile ampiezza del poema a gloria di Dioniso, e, viceversa, che a un pubblico pagano potesse veramente interessare il vangelo di Giovanni – di cui per altro Agosti segnala qualche risonanza in ambiente neoplatonico. Meritorie appaiono anche le osservazioni sul retroterra esegetico del poema sacro, «più vicino all'esegesi che alla parafrasi stricto sensu» (p. 111), con particolare riferimento al commento giovanneo di Cirillo d'Alessandria: una consonanza del resto già osservata da altri studiosi della Parafrasi. Nelle note l'Autore cita numerosi passi da Cirillo, non nascondendosi comunque la notevole libertà con cui Nonno – il cui intento primario non dovette certo essere teologico – se ne servì. Non meno interessanti le considerazioni su alcuni punti di contatto con la liturgia, tema di cui Agosti segnala la non secondaria importanza per una valutazione corretta e completa dell'epica cristiana. (shrink)

v. 1. El tiempo histórico de Mario Hernández Sánchez-Barba -- v. 2. Generaciones y mentalidades. Estudios de teoría de la Historia.

In this highly readable and compact introduction to Durkheim's thought, Gianfranco Poggi examines all of Durkheim's central works and assesses their significance today, a century after his death. Poggi's analyses includes a study of what Durkheim meant by 'society' and an evaluation of Durkheim's contributions to both political sociology and the sociology of law. Poggi's clear and concise reappraisal of one of the most important modern thinkers will be essential reading for students of sociology and an invaluable guide for (...) anyone studying the ways modern societies function. (shrink)

§1. Introduction. The problem raised by the liar paradox has long been an intriguing challenge for all those interested in the concept of truth. Many “solutions” have been proposed to solve or avoid the paradox, either prescribing some linguistical restriction, or giving up the classical true-false bivalence or assuming some kind of contextual dependence of truth, among other possibilities. We shall not discuss these different approaches to the subject in this paper, but we shall concentrate on a kind of formal (...) construction which was originated by Kripke's paper “Outline of a theory of truth” [11] and which, in different forms, reappears in later papers by various authors.The main idea can be presented as follows: assume a first order language ℒ containing, among other unspecified symbols, a predicate symbolTintended to represent the truth predicate for ℒ. Assume, also, a fixed modelM= 〈D, I〉 whereDcontains all sentences of ℒ andIinterprets all non-logical symbols of ℒ exceptTin the usual way. In general,Dmight contain many objects other than sentences of ℒ but as that would raise the problem of the meaning of sentences in whichTis applied to one of these objects, we shall assume that this is not the case. (shrink)

A major representative of the German sociological tradition, Georg Simmel (1858-1918) has influenced social thinkers ranging from the Chicago School to Walter Benjamin. His magnum opus, The Philosophy of Money, published in 1900, is nevertheless a difficult book that has daunted many would-be readers. Gianfranco Poggi makes this important work accessible to a broader range of scholars and students, offering a compact and systematically organized presentation of its main arguments. Simmel's insights about money are as valid today as they (...) were a hundred years ago. Poggi provides a sort of reader's manual to Simmel's work, deepening the reader's understanding of money while at the same time offering a new appreciation of the originality of Simmel's social theory. (shrink)

This is a brief historical note on game theory. We cover its historical roots (prior to its formal definition in 1944), and look at its development until the late 1960's.

This papers aims to analyse sentences of a self-referential language containing a truth-predicate by means of a Smullyan-style tableau system. Our analysis covers three variants of Kripke's partial-model semantics (strong and weak Kleene's and supervaluational) and three variants of the revision theory of truth (Belnap's, Gupta's and Herzberger's).

I distinguish between naïve phenomenology and really existing phenomenology, a distinction that is too often ignored. As a consequence, the weaknesses inherent in naïve phenomenology are mistakenly attributed to phenomenology. I argue that the critics of naïve phenomenology have unwittingly adopted a number of precisely those weaknesses they wish to point out. More precisely, I shall argue that Dennett’s criticism of the naïve or auto-phenomenological conception of subjectivity fails to provide a better understanding of the intended phenomenon.

The author means to show how focusing on the sense of hearing can sharpen our understanding of Kierkegaard’s argument – in the first portion of Either/Or – that Don Giovanni ranks supreme among works of art. After explaining how he takes Kierkegaard’s case to rest on the issue of the ear being the “most spiritually qualified sense,” he shows how attending to the importance of hearing within the original Don Juan myth, as well as within Mozart and Da Ponte’s treatment (...) of it, can help us understand the myth’s dependence on and repudiation of Christianity: unlike sight, hearing places us in close spiritual intimacy with its source, even as it also opens up specific possibilities of theatricality and deceit. He concludes by arguing why hearing should be regarded as the paradigmatic sense in relation to which Kierkegaard understands the task of philosophy itself, in contrast to earlier philosophical emphases on visible intelligibility. (shrink)

This Handbook offers a broad yet unified treatment of many philosophical issues connected with climate change, ranging from foundational puzzles to detailed applications. It extends to many branches of philosophy that are relevant to the understanding of the premises and implications of the impacts of climate change on human and nonhuman life on Earth. More specifically, the handbook examines the scientific accounts of climate change as well as its causes. It explores the tools offered by social sciences and humanities to (...) study the societal premises and impacts of climate change as well as delving deeper into the ethical and political issues connected with and resulting from climate change. By doing so, it puts it all in an ecological and historical context. In addition, the book offers solutions to some important philosophical puzzles and problems, and indicates paths of interaction between philosophy and other disciplines. The discussion about climate change and the mitigation/adaptation policies spans many areas and levels – from abstract science and philosophy to current on-the-ground politics. However, climate change is also a great a philosophical puzzle. Indeed, its existential and practical relevance can be thought to largely derive from the philosophical complications it engenders. Climate change is applied philosophy par excellence. Preventing dangerous anthropogenic climate change needs very good philosophy applied to concrete and specific practical issues. Climate change is an area where scholars from very different provenances should cooperate on equal terms, having in view a common, and really important, purpose – contribute to preventing great burdens and even the extinction of humankind and the destruction of hospitable and valuable non-human nature. (shrink)

This research project proposes the modeling of collective behaviors such as flocks, industrial districts, and markets. Unlike many other approaches, the aim is to identify ways to recognize, change, and maintain the coherence of collective behaviors, as well as inducing their emergence in configurations of elements that only interact without acquiring properties. The basic assumption is that currently collective behavior is not adequately modeled for the purpose described above when intended as given by sequences of states adopted by the same (...) system over time. Here the sequence of states of a collective behavior in time is considered as corresponding to sequences of different states adopted by systems made up of the same elements interacting with different structures. Sequences of structures are considered to establish meta-structures and their properties correspond to the coherence acquired. The project is based on the use of mesoscopic variables to represent such structural dynamics considered in turn to represent the continuous emergence of coherent collective behavior. Mesoscopic variables are specified and their properties considered as meta-structural properties (properties of sequences of structures). The purpose of this research project is to search for meta-structural properties within processes of computational emergence (computer simulated). I discuss the problem of prescribing meta-structural properties to non-coherent, disordered collective behaviors. I introduce possible approaches for applications to social systems. (shrink)

Twentieth Century philosophical thought has expressed itself for the most part through two great Movements: the phenomenological and the analytical. Each movement originated in reaction against idealistic—or at least anti-realistic—views of "the world". And each has collapsed back into an idealism not different in effect from that which it initially rejected. Both movements began with an appeal to meanings or concepts, regarded as objective realities capable of entering the flow of experience without loss of their objective status or of their (...) power to reveal to us an objective world as it would be if there were no subjective apprehensions of it. Both movements ended with a surrender of the objectivity of meanings and concepts in this strong sense, coming to treat them as at most more-or-less shareable components of a somehow communalized experience, but in any case incapable of revealing how things are irrespective of actual human experience. For the old Egocentric Predicament, with its "ideas" etc., is substituted a Lingocentric or Histrocentric Predicament of "language" and its elements. Hilary Putnam speaks for the current consensus: 'Internal realism says that we don't know what we are talking about when we talk about "things in themselves"' (The Many Faces of Realism , p. 36 ). (shrink)